I vaccini e la malattia di Alzheimer Dott. Domenico Pratico' MD, FCPP
- praticolabalzheime
- 24 giu
- Tempo di lettura: 4 min
Di solito, quando pensiamo a un vaccino, immaginiamo una sostanza somministrata per stimolare la risposta immunitaria di un individuo a un particolare microrganismo infettivo (ad esempio, un virus) con l'obiettivo di proteggerlo dalla malattia causata da quell'agente. Tuttavia, potrebbe anche esserci un legame positivo tra vaccini e la malattia di Alzheimer.

Alcuni recenti studi clinici hanno iniziato a fornire nuove prove a favore dell'ipotesi che le vaccinazioni contro alcune delle malattie infettive più comuni proteggerebbero anche dall'insorgenza o dalla progressione della malattia di Alzheimer.
Tuttavia, è importante sottolineare subito che questa notizia non è del tutto nuova o sorprendente, poiché da alcuni anni c'erano delle osservazioni empiriche a supporto dell'idea che l'attivazione del sistema immunitario conseguente alla somministrazione di un vaccino antivirale potesse prevenire o rallentare l'insorgenza della malattia di Alzheimer. In effetti, alcuni studi precedenti condotti su un numero limitato di pazienti hanno presentato dati molto incoraggianti su una possibile relazione tra le vaccinazioni ricevute e il rischio di sviluppare demenza negli anni successivi. Approfondiamo quindi ciò che gli studi finora suggeriscono su vaccini e malattia di Alzheimer.

In uno studio recente, gli autori hanno valutato oltre 200.000 adulti che avevano ricevuto le vaccinazioni comuni normalmente raccomandate negli Stati Uniti dal National Center for Disease Control and Prevention, come quella contro difterite, tetano e pneumococco. I ricercatori hanno valutato e utilizzato come confronto un gruppo di adulti molto simili al primo sotto ogni aspetto demografico, come età, sesso, istruzione, ecc., ma che non avevano ricevuto alcun vaccino.
Al momento dell'arruolamento nello studio, nessuno di questi individui, né nel primo né nel secondo gruppo, presentava evidenti segni clinici di deterioramento cognitivo o demenza nei due anni precedenti la vaccinazione. Tutti i soggetti arruolati avevano almeno 65 anni all'inizio dello studio e sono stati poi seguiti per almeno altri 8 anni. Al termine di questo periodo, i ricercatori hanno esaminato il numero totale di casi di malattia di Alzheimer sviluppati in ciascuno dei due gruppi.
Effettuando questa analisi, si è visto che, rispetto a coloro che non erano mai stati vaccinati, gli individui che avevano ricevuto uno o più dei vaccini da noi indicati sopra avevano una significativa riduzione del rischio di sviluppare l'Alzheimer, tra il 25 e il 30%.

Questo studio è molto importante non solo perché conferma le osservazioni preliminari sulla somministrazione di vaccini e sul rischio di sviluppare demenza, ma anche perché è in linea con alcune osservazioni molto recenti che hanno indicato come l'esposizione ad agenti infettivi (come il virus herpes) potrebbe essere considerata un nuovo fattore di rischio per lo sviluppo della malattia di Alzheimer.
A questo proposito, è interessante notare un nuovo studio che ha esaminato la relazione tra la vaccinazione contro il virus dell'herpes zoster (responsabile della malattia "fuoco di Sant'Antonio") e l'insorgenza di demenza ha di fatto confermato che questa vaccinazione ha un effetto decisamente positivo nella prevenzione della demenza. Leggi lo studio pubblicato su Nature .
Sebbene tutti questi risultati siano molto interessanti e incoraggianti per tutti noi, ci sono ancora alcune domande alle quali non abbiamo una risposta chiara.
Una domanda chiave è ad esempio la seguente: qual è il meccanismo attraverso il quale la somministrazione di questi vaccini proteggerebbe dall'insorgenza della malattia di Alzheimer?
Una possibile risposta è che i vaccini, fornendo istruzioni al sistema immunitario per rispondere a un particolare agente infettivo, preparerebbero indirettamente le altre cellule immunitarie a rispondere più efficacemente a un insulto o a un danno cerebrale. Un'altra ipotesi, anch'essa valida, è che i vaccini preparerebbero le cellule immunitarie del cervello a produrre una risposta reattiva di natura esclusivamente infiammatoria protettiva, priva di aspetti negativi, e quindi in grado di rimuovere eventuali agenti nocivi senza causare danni al cervello, anzi proteggendolo.
In conclusione, i vaccini non solo salvano la vita di milioni di persone da malattie che altrimenti sarebbero fatali, ma oggi c'è un motivo in più per vaccinarsi poiché questi strumenti terapeutici che sono accessibili a tutti poosono anche avere benefici a lungo termine che non avevamo mai considerato prima: la salute del nostro cervello.
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Il dott. Domenico Praticò è titolare della cattedra della Scott Richards North Star Charitable Foundation per la ricerca sull'Alzheimer e ricopre il ruolo di Professore e Direttore Fondatore dell'Alzheimer's Center presso Temple, nonché di professore di scienze neurali presso la Lewis Katz School of Medicine. presso la Temple University .
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